Cummingtonite

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Cummingtonite
Classificazione Strunz9.DE.05[1]
Formula chimica(Mg,Fe)7Si8O22(OH)2[2]
Proprietà cristallografiche
Gruppo cristallinotrimetrico
Sistema cristallinomonoclino[2]
Parametri di cellaa=9,5220(6)Å, b=18,1833(7)Å, c=5,3184(6)Å, β=102,020(7)°, V=900,66(10)ų, Z=2[3]
Gruppo puntuale2/m
Gruppo spazialeC 2/m[3], P21/m[3]
Proprietà fisiche
Densità misurata3,42[4] g/cm³
Durezza (Mohs)5-6[5]
Sfaldaturaperfetta secondo {110}[5]
Coloregrigio con tonalità rossastre, giallastro quando alterata[4], verde scuro[5], bruno[5], grigio[5], beige[5]
Lucentezzavitrea[5]
Opacitàda trasparente a traslucida[5]
Si invita a seguire lo schema di Modello di voce – Minerale

La cummingtonite è un minerale, un anfibolo appartenente al sottogruppo degli anfiboli di magnesio-ferro-manganese in base alla revisione della nomenclatura degli anfiboli del 2012[2], precedentemente era classificato come appartenente al gruppo degli anfiboli Mg-Fe-Mn-Li[6].

È stata descritta per la prima volta nel 1824 in base ad un ritrovamento effettuato da J. Porter a Cummington, Massachusetts, Stati Uniti d'America[4]. Il nome è stato attribuito in base alla località di scoperta.

Forma una serie con la grunerite della quale costituisce l'estremo magnesifero[7].

Morfologia[modifica | modifica wikitesto]

La cummingtonite è stata scoperta sotto forma di prismi indistinti ad andamento obliquo o masse radiali o fibrose[4].

Origine e giacitura[modifica | modifica wikitesto]

La cummingtonite è prodotto di metamorfismo regionale di medio grado, in particolare nelle rocce ricche di ferro sottoposte a fenomeni metamorfici. Può anche essere un minerale che si forma nelle fasi finali di cristallizzazione in alcuni gabbri e noriti, raramente anche in alcune rocce vulcaniche siliciche[5]. È associata a "orneblenda", antofillite, actinolite, ferro-actinolite, tremolite, arfvedsonite, magnesio-arfvedsonite, gedrite, glaucofane, quarzo, granato[5], Rodonite.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Cummingtonite mineral information and data - mindat.org, su mindat.org. URL consultato il 6 novembre 2013.
  2. ^ a b c Hawthorne, p. 2035.
  3. ^ a b c Yang, p. 288.
  4. ^ a b c d Dewey, p. 59.
  5. ^ a b c d e f g h i j John W. Anthony, Richard A. Bideaux, Kenneth W. Bladh, Monte C. Nichols, Handbook of Mineralogy (PDF), Chantilly, VA 20151-1110, Mineralogical Society of America.
  6. ^ Leake, 2003, p. 1359.
  7. ^ Leake, 1997, p. 225.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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