Ossario commemorativo dei caduti slavi

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Ossario commemorativo dei caduti jugoslavi di Barletta
Ossario commemorativo dei caduti jugoslavi della prima e della seconda guerra mondiale
Tipomilitare
Confessione religiosamista
Stato attualein uso
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
CittàBarletta
LuogoCimitero di Barletta
Costruzione
Periodo costruzione19681970
Data apertura4 luglio 1970
Area2 100
IngegnereHildegard Auf-Franić
ArchitettoDušan Džamonja
Mappa di localizzazione
Map
Coordinate: 41°19′38.69″N 16°15′16.86″E / 41.327414°N 16.254682°E41.327414; 16.254682

L'Ossario commemorativo dei caduti jugoslavi è un monumento funebre eretto all'interno del cimitero di Barletta, sul finire degli anni sessanta, in onore dei caduti jugoslavi della prima e della seconda guerra mondiale.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

I militari sepolti a Barletta appartenevano alla NLAY, la formazione partigiana di liberazione nazionale jugoslava. Feriti durante la lotta di liberazione, vennero trasportati dagli inglesi negli ospedali militari dell'Italia meridionale, presso il campo militare jugoslavo da loro stessi organizzato nel 1944 nella parte a nord-ovest del cimitero di Barletta; un ufficiale provvedeva personalmente alla sepoltura dei soldati, registrandone poi l'avvenuta inumazione su di un apposito registro nel quale vi riportava le generalità del caduto.[1]

La concessione dell'area[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1967 il Ministero degli Esteri chiese al Comune di Barletta di concedere al governo jugoslavo un'area di 2100 m² per la costruzione nel cimitero cittadino dell'ossario commemorativo dei caduti jugoslavi sepolti a Barletta[1] e per quelli che si trovavano nei cimiteri delle città vicine. L'amministrazione comunale, interprete anche dei sentimenti della cittadinanza, non esitò ad acconsentire alla richiesta: l'atto di concessione in uso della superficie si perfezionò a Roma il 10 gennaio 1968 presso il Ministero degli Affari Esteri.[1]

Nell'occasione il sindaco Morelli si dimostrò particolarmente favorevole all'iniziativa, "auspicando che i rapporti di sincera collaborazione e di amicizia fra il popolo italiano e quello jugoslavo si rinsaldino sempre più anche nel culto di coloro che per la Patria hanno sacrificato la vita e la giovinezza".[1]

Lodevole e preziosa fu la collaborazione dell'allora responsabile dei Servizi Cimiteriali del Comune di Barletta, Pietro Dileo, il quale con il suo impegno facilitò il ricevimento di circa 800 salme dei caduti jugoslavi che furono successivamente deposte nell'ossario.

La visita del presidente Špiljak a Barletta[modifica | modifica wikitesto]

Il successivo 13 gennaio 1968, il presidente del Consiglio federale jugoslavo, Mika Špiljak, si recò a Barletta per rendere omaggio alle 174 salme dei caduti jugoslavi già sepolti presso il locale cimitero.

All'incontro, particolarmente toccante, presero parte le più alte autorità politiche e militari, tra le quali il presidente del comitato dei ministri per il Mezzogiorno, Giulio Pastore, gli ambasciatori jugoslavi a Roma e Belgrado, il prefetto Novello, il questore Lacquaviti, il colonnello Basso del Commissariato generale per le onoranze ai caduti in guerra, il comandante del presidio militare tenente colonnello Cursio, nonché i massimi rappresentanti delle forze dell'ordine e la giunta municipale al completo, presieduta dal primo cittadino Michele Morelli.[2]

Il sindaco Michele Morelli in una foto dell'epoca.

Dopo aver rivolto al presidente Špiljak il saluto della città, il primo cittadino barlettano dichiarò:

«Barletta custodisce gelosamente i resti mortali di una parte dei figli minori del popolo jugoslavo; e sono questi Eroi che, pur nel sonno della morte, vegliano dall'opposta sponda adriatica sulla loro terra natia, sui loro cari, invocando fratellanza amorosa e pace fra tutti gli uomini. Esse ci ammoniscono di continuare il cammino già intrapreso per una leale ed amichevole collaborazione sempre più stretta fra il popolo jugoslavo e quello italiano nel settore economico, culturale, tecnico e scientifico.»

Ricordata la soddisfazione con la quale la cittadinanza accolse la notizia del costruendo Sacrario per i caduti jugoslavi, il primo cittadino barlettano pregò poi il presidente Mika Špiljak di farsi "messaggero del saluto di Barletta al nobile popolo jugoslavo ed interprete della nostra profonda devozione alle famiglie dei caduti qui sepolti: dica, signor presidente, a quelle famiglie, con quanto amore noi custodiamo le spoglie mortali di coloro che per la Patria hanno sacrificato la giovinezza e la vita".[3]

Il presidente del Consiglio federale jugoslavo, rispondendo all'accorato appello, si disse "sinceramente emozionato per le calorose accoglienze riservategli”[2] ed espresse profonda gratitudine per l'amorevole cura con la quale gli abitanti di Barletta custodivano i resti dei caduti jugoslavi, aggiungendo:

«Non è senza un profondo significato la decisione di costruire, mercé la sollecita, graditissima collaborazione della città di Barletta, proprio qui sulla sponda dell'Adriatico, il Sacrario per i caduti jugoslavi: l'Adriatico non divide, ma collega i nostri due popoli, ed al sempre più completo raggiungimento di questo obiettivo sono tesi gli sforzi dei Governi italiano e jugoslavo.[2]»

La consegna di alte onorificenze per i rapporti con la ex Jugoslavia[modifica | modifica wikitesto]

A testimonianza dell'impegno profuso e dei rapporti di collaborazione in atto, il 20 maggio 1968, nella sede diplomatica dell'Ambasciata di Roma, il sindaco barlettano fu insignito dell'Ordine della bandiera jugoslava con Corona d'Oro, la più alta onorificenza dello Stato dei Balcani, conferita "per gli alti meriti ottenuti nella collaborazione per lo sviluppo dei buoni rapporti tra l'Italia e la Jugoslavia”.[4]

L'incontro a Belgrado con il presidente Špiljak[modifica | modifica wikitesto]

Il 7 aprile 1969 una delegazione dell'amministrazione comunale di Barletta, composta dal sindaco, dal vice sindaco, l'avvocato Francesco Capurso e dall'assessore alle finanza cavaliere Aldo Bernardini, si recò a Belgrado su invito del Governo jugoslavo, rivolto dal Presidente del Consiglio federale della sanità e politica sociale Nikolo Georgievski per il tramite del Ministero degli Esteri italiano.[5]

La folta delegazione fu ricevuta dal Presidente Špiljak che rinnovò i sentimenti di gratitudine della popolazione jugoslava per Barletta, per la cura ed il rispetto con cui custodì e continuava a custodire le spoglie dei suoi caduti e per la generosa offerta che avrebbe consentito, a distanza di anni, alla Jugoslavia di raccogliere in un unico posto le salme dei soldati, rimarcando lo spirito di collaborazione e di fraternità tra i due popoli ed auspicando che questo clima di reciproca simpatia potesse costituire la premessa per scambi sempre più proficui.[5]

Il sindaco Morelli a sua volta confermò il rispetto di Barletta per tutti i caduti in guerra, sottolineando "l'anelito di pace, di benessere e di progresso che guida le popolazioni pugliesi nel processo di miglioramento civile, sociale ed economico”.[5]

Il gemellaggio tra Barletta e Castelnuovo[modifica | modifica wikitesto]

Il successivo 23 settembre 1969 si venne a concretizzare quello che i giornali dell'epoca definirono "un «ponte» sull'Adriatico fra Barletta e Herceg Novi"[6]. In ottemperanza a quanto stabilito dai sindaci e dai consigli comunali delle due città sin dal maggio dello stesso anno, venne siglato il gemellaggio tra Barletta e la città montenegrina di Castelnuovo (Herceg Novi), con l'intento di promuovere fra i due paesi una più concreta collaborazione.[6]

Durante la cerimonia del gemellaggio, il sindaco Vlaovic pose in risalto come il gemellaggio non fosse scaturito per caso, ma si poté realizzare anche per la disponibilità offerta dalla città di Barletta nella costruzione del sacrario commemorativo dei caduti jugoslavi deceduti nell'Italia meridionale e insulare durante l'ultima guerra.

Il sindaco di Barletta rivolse il saluto e le felicitazioni dell'intera città di Barletta, fiera di stringere con la città di Castelnuovo un patto di gemellaggio "che sarà il simbolo dell'unione e della pace tra i due popoli, alimentato dall'amore e dal vincolo dei morti che riposeranno nel sacrario nel cimitero di Barletta", aggiungendo che:

«Il gemellaggio, oltre ad essere un fatto simbolico, vuole essere sul piano della vita pratica la realizzazione di rapporti economico-commerciali, culturali e spirituali fra i due popoli, attraverso uno scambio di notizie e di aiuti, preludio alla unione non soltanto delle due Nazioni vicine, ma di quelle delle Nazioni europee e del mondo, se simili iniziative venissero da tutti realizzate e coltivate.[6]»

Il legame tra Barletta e Castelnuovo, è stato rinsaldato con la sottoscrizione del “patto di fratellanza” il 15 settembre 2016, ed è stato confermato con l’omaggio del primo cittadino montenegrino Nataša Aćimović, all’ossario commemorativo dei caduti jugoslavi, insieme al sindaco Pasquale Cascella e la partecipazione del Presidente del Consiglio Comunale Carmela Peschechera e degli assessori Giuseppe Gammarota e Michele Lasala.

La cerimonia di inaugurazione[modifica | modifica wikitesto]

La targa commemorativa in altorilievo bronzeo sulla parete laterale d'ingresso.

L'ossario commemorativo dei caduti jugoslavi venne inaugurato il 4 luglio 1970, alla presenza delle più alte cariche italiane, di una folta delegazione jugoslava e dei parenti dei combattenti deceduti.

Particolarmente commovente fu l'intervento della madre di una vittima della Resistenza, che nel silenzio profondo, pronunciò un discorso colmo di emozione:

«Figlioli miei e tu, figlio mio! A questo triste raduno tua madre è orgogliosa di aver dato la vita a chi questa vita ha offerto alla Patria. Sono fiera ed orgogliosa anche se, invece di te, ho questo grandioso monumento. Siete caduti per una nuova vita, una generazione nuova, un nuovo fronte che mi fa sopportare il dolore di madre. Figlio mio, tua madre è ora, qui orgogliosa di te; anche se sola, ella non è sola; è insieme alle nuove generazioni di questa nostra libertà per la quale tu sei caduto.[7]»

A nome del Governo italiano, il sottosegretario agli Esteri, onorevole Salizzoni, dichiarò che:

«La nostra presenza qui a Barletta simbolizza altamente la comune volontà dei nostri due popoli di onorare la memoria di chi ha dato la vita per la difesa della propria Patria. L'Adriatico oggi più che mai non separa ma unisce le sponde dei nostri due Paesi uniti dalla comune aspirazione alla pace, alla libertà al progresso.[8]»

Seguì poi la deposizione di sei cassette nella cripta e la cerimonia di deposizione delle corone: quella della città di Barletta, del Ministro della Difesa italiano, del Governo italiano, del Governo jugoslavo, dei partigiani di Puglia e del Presidente Tito.

Il capo della delegazione jugoslava, dopo aver chiuso la cripta, ne consegnò le chiavi al sindaco di Barletta che, dopo aver ribadito l'orgoglio e l'affetto con cui la città accogliesse le spoglie dei valorosi soldati, sottolineò i sentimenti di amicizia che legavano le due popolazioni:

«Le spoglie di questi giovani vanno ad arricchire l'ondata di sentimenti che suscita nei nostri animi il ricordo di migliaia di caduti di questa gloriosa città che riposano lontani dalla nostra terra. I vostri caduti sono i nostri caduti. Il loro sacrificio, come quello dei nostri eroi, appartiene all'umanità; è patrimonio inalienabile dei sentimenti di libertà, di attaccamento alla Patria che hanno costituito la componente fondamentale e la spinta ideale della loro azione.[8]»

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La scalinata d'accesso vista dalla terrazza dal lato mare.

Il sacrario di Barletta, ove giacciono le spoglie di oltre ottocento partigiani jugoslavi, rappresenta ancora oggi uno dei tre più importanti esistenti in Italia, assieme a quello di Prima Porta nei pressi di Roma e di Sansepolcro in provincia di Arezzo.[9] L'imponente monumento fu progettato da Dušan Džamonja, scultore di fama internazionale scomparso nel 2009 all'età di ottantuno anni. In un'intervista rilasciata pochi anni prima della sua morte, indicò l'Ossario di Barletta tra le opere in cui riuscì ad esprimere pienamente la sua arte espressiva.[10]

L'apertura circolare nel pavimento della sala principale. Sul fondo la terrazza con vista sul mare.

L'intera struttura occupa una superficie complessiva di oltre duemila metri quadrati, ricavata nell'area nord-ovest del cimitero di Barletta. Il sacrario si estende per una lunghezza di 70 metri ed un'ampiezza di 20, ed è strutturato su due livelli per un'altezza complessiva di 11 metri.[11]

Nella parte superiore sono presenti alte steli ed enormi lastre tombali, interamente realizzate in cemento armato, che convergono verso il centro della composizione dove si trova un lucernario di forma circolare.

Attraverso una scalinata in granito si accede alla cripta sotterranea, nella quale si trovano i resti dei partigiani jugoslavi caduti durante la guerra di liberazione. I loro nomi sono scolpiti due grandi portali di bronzo, posti l'uno di fronte all'altro sulle pareti semicircolari della cripta ed ordinati rispettivamente nei due elenchi dei "caduti e morti nell'Italia meridionale" (Pali i umrli u južnoj Italiji) e dei "Dispersi sul territorio dell'Italia meridionale" (Nestali na teritoriji južne Italije).[12]

Dalla sala principale si accede ad una terrazza che si affaccia sulla sponda opposta dell'Adriatico, quasi a voler rimarcare la vicinanza e lo spirito di collaborazione tra i due popoli. Al centro del pavimento della cripta è presente un'ampia apertura circolare rivestita da un mosaico di colore rosso per simboleggiare il sangue versato dai combattenti jugoslavi in occasione della Resistenza antifascista e antinazista italiana.[12]


Dal 29/06/2022 l'Ossario è inserito nel Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, per il suo alto valore simbolico e culturale. [13]

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Domani a Barletta il premier jugoslavo, in La Gazzetta del Mezzogiorno, 12 gennaio 1968.
  2. ^ a b c Špiljak grato a Barletta che custodisce i caduti jugoslavi, in La Gazzetta del Mezzogiorno, 14 gennaio 1968.
  3. ^ Il saluto del sindaco Morelli a nome della cittadinanza, in La Gazzetta del Mezzogiorno, 14 gennaio 1968.
  4. ^ Solenne cerimonia all'Ambasciata di Roma: fra Italia e Jugoslavia rapporti sempre più cordiali, in La Gazzetta del Mezzogiorno, 21 giugno 1968.
  5. ^ a b c Delegazione barlettana andrà in Jugoslavia. Sono in corso contatti per la costruzione nella città pugliese di un monumento ossario che raccoglierà i resti di tutti gli slavi caduti in Italia, in La Gazzetta del Mezzogiorno, 5 aprile 1969.
  6. ^ a b c Un «ponte» sull'Adriatico fra Barletta e Herceg Novi, in La Gazzetta del Mezzogiorno, 28 settembre 1969.
  7. ^ Le nobili parole di una madre: «Siete morti per una nuova vita, per una nuova libertà», in La Gazzetta del Mezzogiorno, 6 luglio 1970.
  8. ^ a b L'omaggio ai caduti jugoslavi: austero suggello dell'amicizia fra i due Paesi, in La Gazzetta del Mezzogiorno, 6 luglio 1970.
  9. ^ Partigiani jugoslavi in Appennino 1943 - 1944, su cnj.it. URL consultato il 19 giugno 2011.
  10. ^ L'arte di Dusan Dzamonja, su osservatoriobalcani.org. URL consultato il 15 giugno 2023 (archiviato dall'url originale il 6 settembre 2012).
  11. ^ Album di Spomen Kosturnicu su Flickr
  12. ^ a b Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - Il Sacrario jugoslavo di Barletta, su cnj.it. URL consultato il 5 giugno 2011.
  13. ^ Scheda dell'Opera sul sito del Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi, Ministero della Cultura. URL consultato il 21/11/2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Vito Antonio Leuzzi, In cammino per la libertà. Luoghi della memoria in Puglia (1943-1956), 2008, Edizioni dal Sud, Bari, ISBN non esistente.
  • Andrea Martocchia, I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana. Storie e memorie di una vicenda ignorata, 2011, Odradek Edizioni, ISBN 978-88-96487-13-6.
  • Giacomo Scotti, Il battaglione degli straccioni. I militari italiani nelle brigate jugoslave: 1943-1945, 1974, Mursia, Milano, ISBN 88-7553-057-2.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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